La lotta alla parità addomesticata dalla Destra
La rivendicazione dei diritti che si china alle regole imposte dal potere odierno, ormai sempre più contrario alle disuguaglianze.
“Difendo l’amore, sono a favore delle unioni civili, ma il matrimonio è solo tra uomo e donna, e i figli? Solo da un padre e una madre.”
Queste sono le parole di Giovanni Ottomano di Fratelli d’Italia, volto omosessuale del Partito della nostra Presidente del Consiglio. È il paradosso perfetto: proclamare inclusione mentre si tracciano limiti invalicabili sulla propria libertà definendo dall’alto ciò che è “accettabile” e ciò che non lo è (qui un articolo con le sue dichiarazioni).
Dopo i grandi promotori della “famiglia tradizionale” con tre divorzi alle spalle, assistiamo ora all’ascesa di un femminismo che rifiuta le donne trans e un’omosessualità senza famiglia: identità che si presentano fiere e senza paura, ma che a conti fatti si inchina a regole imposte da un sistema eteronormativo, patriarcale e borghese. Costruendo una gabbia d’oro (neanche tanto) per identità addomesticate, funzionali all’ordine vigente.
Perché sì, il sistema sa adattarsi. Il potere, quando fiuta un cambiamento che non riesce più a ignorare, non lo combatte frontalmente: lo ingloba, lo addolcisce, lo svuota. Si presenta come accogliente e ben disponibile, senza però mettere mai in discussione la struttura profonda delle disuguaglianze. E così il compito delle minoranze diventa quello di non disturbare la norma, di farsi piccole e invisibili. Discrete.
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Si tratta quindi di un’assimilazione disonesta, che trasforma la rivendicazione in performance, la liberazione in obbedienza. Lo slogan diventa: “Sì, sono gay, ma non pretendo troppo, non disturbo l’ordine costituito, non metto in discussione il vostro concetto di famiglia, di genere, di potere”.
Ma com’è possibile che questo avvenga? È molto semplice: perché è terribilmente seducente. Nessuna persona vorrebbe sentirsi esclusa, sola o tagliata fuori dalla realtà in cui vive, e siccome lo stesso sistema che ci discrimina è anche quello che ci educa sappiamo benissimo quali sono le regole necessarie per stare al gioco. Quindi, per paura e questo è un dato importante, ci sarà sempre chi è disposto a sacrificare parte della propria libertà per cercare di fuggire dalla discriminazione.
Qui però c’è anche da fare una precisazione fondamentale: rivendicare un’identità rivoluzionaria non è sempre facile, anzi, a volte è proprio un privilegio poterlo fare. Riuscire a trovare gli strumenti per scoprirsi e poi uscire da una prigione che non ci chiede mai chi tu sia. Lottare per tutte le nostre sfumature è scomodo, terribilmente scomodo, il punto però è che si fa perché questo è il prezzo da pagare per essere persone libere. Da un lato quindi potremmo anche provare a giustificare chi si lascia guidare da una norma castrante, perché chi non sa di non sapere merita una educazione e non una condanna.
C’è però anche un’altro caso, un po’ più fastidioso, ovvero chi sa di non guardare. Decidere di non lottare per i propri diritti può essere anche quello un privilegio. Possiamo rinunciare alle adozioni per le coppie arcobaleno se a noi non interessano, oppure possiamo decidere di ignorare i diritti delle persone trans perché tanto non ci riguardano. Chi ha potere ha anche gli strumenti per capire e quindi scegliere di non guardare.
Ecco perché dobbiamo prestare attenzione. Perché questa nuova destra, apparentemente più “aperta”, non è meno pericolosa. Anzi: è più subdola. Usa il linguaggio dell’inclusione per svuotarlo di senso. Mostra volti omosessuali per dire che il sistema funziona, che non c’è più nulla da cambiare. Ma intanto non cambia nulla.
Grazie di questa riflessione!
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