Facciamo vedere "Adolescence" alla Ministra Roccella
Cosa ci ho letto nella scena del sandwich, tra morso e rifiuto come specchio di un fenomeno da contrastare.
Un po’ invidio le opinioni così nette e precise che sto leggendo sulla miniserie Netflix “Adolescence”, ideata da Jack Thorne e Stephen Graham e diretta da Philip Barantini. Per quanto mi riguarda non riesco a schierarmi: alcune cose mi sono piaciute molto (su tutto, l’interpretazione straordinaria dei ragazzi, così come il modo di “gestire la camera”, con quei piani sequenza perfettamente ansiogeni) mentre altre di meno (per esempio l’eccessiva lentezza e monotonia, anche se ovviamente ne comprendo la funzione narrativa).
C’è però una scena dell’episodio 3 che continua a risuonarmi in questi ultimi giorni, non solo dopo i femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula (gli ennesimi caratterizzati da victim blaming - responsabilizzazione della vittima - e vittimizzazione secondaria) ma anche per la riaccesa discussione sul tema dei “redpill”, ed è quella del sandwich, così voglio condividere con voi una piccola riflessione.
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Jamie stesso sostiene durante gli interrogatori e i colloqui che l’ “amica” Katie, assassinata, non gli piaceva “perché aveva il petto piatto”, e più in generale perché non era il suo tipo, eppure le ha chiesto comunque di uscire per andare insieme alla fiera, proprio come ha morso il panino offertogli dalla psicologa Briony Ariston nonostante il suo dichiarato odio verso i sottaceti: un comportamento che possiamo ricondurre alla pratica del “negging”, ovvero quando un uomo sminuisce o perfino insulta una donna con l’obiettivo di indebolirla, abbattendo la sua autostima, affinché sia più vulnerabile a un suo “corteggiamento” (attuato quasi sempre per fini sessuali).
Così il ragazzino ha volutamente scelto di assaggiare il sandwich pur sapendo che non lo avrebbe poi finito, lasciandolo quasi tutto sul tavolo, perché consapevole in partenza che non gli sarebbe piaciuto: allo stesso modo a lui non piaceva Katie bensì l’idea di lei, il fatto che potesse finalmente uscire con una ragazza e possederla, in modo da dimostrare qualcosa a se stesso e agli altri (virilità, performatività, “saper stare al mondo”, diventare più grande…), per poi scartarla del tutto.
Disprezzare, rendendo “cestinabile” ma dando comunque un piccolo morso prima di buttare.
La sociopatia del ragazzino, se così possiamo definirla in modo generoso, sta proprio in questo desiderio a prescindere dal suo reale e sincero interesse, al contrario di quello che invece prova per la cioccolata calda che tanto ama ma che scaglia via preso da un moto di rabbia, ammettendo perfino di non meritarla (un barlume di senso di colpa?). Che poi è la rabbia che troviamo nel morso al sandwich, appunto, essendo la faccia opposta di una stessa medaglia, e non è un caso che alla fine la psicologa non ritocchi il sandwich, nonostante ne manchi solo un piccolo pezzo, probabilmente schifata nell’aver realizzato quale sia la vera natura dell’adolescente.
Abbiamo quindi davanti un esempio tangibile della necessità di educare le nuove generazioni all’empatia, all’affetto, al rispetto e al consenso, e non con un tono moralista ma quasi “liberatorio”, scardinando stereotipi di genere e dando strumenti per comprendere se stesse/stessi e le altre persone, dando finalmente alle ragazze e ai ragazzi gli strumenti e la possibilità di sentire, di comunicare, di dire “no” e “sì” in base al proprio consenso, uscendo dal copione dell’uomo cacciatore e della donna preda, imparando che possedere non significa amare.
Tutto questo senza ovviamente dimenticarci di chi ha il compito di intervenire (non a posteriori), imparando a riconoscere i segnali della mascolinità tossica, del patriarcato che macchia pure gli adolescenti, della manipolazione, degli abusi prima psicologici e dopo fisici… Smettendo di romanticizzare i peggiori atti compiuti da certi uomini, perché è proprio nell’amore che spesso si cela l’inizio dei maltrattamenti.
Quella del panino è una scena profonda e necessaria che i nostri Ministri italiani, Nordio e Roccella in primis, forti delle loro inaccettabili dichiarazioni, dovrebbero imparare a memoria prima di sostenere che fare educazione sessuo-affettiva a scuola non serva a nulla, tantomeno a ridurre i femminicidi (che, ricordiamo, non sono una “tragedia” ma un fenomeno sistemico socialmente consolidato nella nostra cultura fortemente maschio-centrica). Perché siamo stanche e stanchi di piangere sul latte versato: prevenire si può, ma dato che i cambiamenti culturali richiedono tempi lunghi è il caso di iniziare, davvero, adesso, anche solo fosse da una serie TV.
Nella scena del body shaming di Katie io ci ho letto anche la tipica frase dell'uva che è troppo in alto e allora la definisco acerba. Sono d'accordo sulla lentezza di alcune scene.
Assolutamente d’accordo. 😘