E se i ricchi colpiti dagli incendi in California fossero la causa degli incendi stessi?
Tra jet privati, super yacht, mega ville e shopping di lusso… L’1% della popolazione più ricca sta distruggendo il pianeta e se stessa.
Sette giorni di fuoco e distruzione. A Los Angeles, in California, le fiamme si sono estese con una velocità impressionante a causa del forte vento e del basso livello di umidità: circa 117 chilometri quadrati andati in fumo, dimensioni al pari della città di San Francisco, mentre le persone sfollate sono oltre 180.000.
Soltanto i due incendi maggiori pare abbiano già distrutto oltre 10.000 edifici, case privati e mezzi di trasporto, per oltre 150 miliardi di dollari di danni. I morti accertati sono dieci, anche se il bilancio pare essere destinato a salire. Insomma, nella storia dello Stato statunitense pare non essersi visto nulla di simile.
Per dire, soltanto a Palisades, con il terzo incendio più pericoloso di sempre per questo Stato, sono state rase al suolo più di 5.300 strutture. Ma facciamo un passo indietro…
Quindici dei venti incendi peggiori nella storia della California si sono verificati a partire dal 2015: la loro propagazione è stata amplificata dai “Devil winds” (venti del diavolo), così intensi e caldi da rendere ancor più difficoltosa la gestione del pericolo, ma c’è di più.
In queste aree gli inverni umidi hanno sempre limitato gli effetti negativi di questo fenomeno, quest’anno però non è stato possibile a causa dell’assenza di piogge (da maggio 2024 sono caduti non più di 2,5 mm di pioggia): di contro, periodi fortemente piovosi in precedenza, ovvero tra il 2023 e il 2024, lungo la costa californiana meridionale, hanno fatto in modo che il verde di quell’area crescesse in abbondanza, creando così una ricca vegetazione successivamente “asciutta” dall’assenza di precipitazioni, e dunque perfetta per prendere facilmente fuoco.
E mentre spunta l’ipotesi secondo cui i roghi sarebbero stati provocati dal mal funzionamento della rete elettrica (a sostenerlo è la Whisker Lab, una società che raccoglie dati da sensori in grado di monitorare problemi sulla griglia delle forniture energetiche), e mentre viene arrestato un sospetto piromane a Woodland Hills con un lanciafiamme artigianale (vabbè…), non serve essere così tanto intelligenti, né di certo “complottisti”, per comprendere che l’amplificazione di tutto questo è soprattutto il cambiamento climatico: e indovinate cosa lo provoca per la maggior parte? Esatto, il capitalismo e stili di vita estremamente lussuosi.
Le immagini di un McDonald’s di Los Angeles che prende fuoco sotto raffiche di vento sono ormai diventate l’emblema di quanto stia accadendo: il consumismo peggiore che cade come causa del suo crollo.
Nel frattempo miliardari sfollati vengono ospitati da altri miliardari: tra questi ci sono il principe Harry e la moglie Meghan Markle, che hanno aperto la loro villa di Montecito ad amiche e amici (non certo poveri) che hanno perso casa, così come la star Paris Hilton (che intanto ha visto distruggersi la propria villa da 8 milioni) ha lanciato, come riportato da Selvaggia Lucarelli, una raccolta fondi (ovviamente chiedendo donazioni a gente comune) per permettere a quattro famiglie sfollate (molto probabilmente ricche anch’esse) di soggiornare all’Hilton Hotel, fondato dai suoi avi e con tanto di tag pubblicitario sui social (come se lei stessa non fosse in grado di offrire un pernottamento simile grazie al suo patrimonio da 300 milioni di dollari).
Passiamo ora ai numeri concreti, perché no, qui non vogliamo passare per i cattivi di turno: studi recenti hanno dimostrato che l’1% più ricco del pianeta è responsabile di oltre il doppio delle emissioni di carbonio rispetto alla metà più povera della popolazione mondiale.
I jet privati, per esempio, sono una delle forme di trasporto più inquinanti per passeggero:
Emissioni per ora di volo: Un jet privato emette circa 2 tonnellate di CO₂ all’ora (fino a 14 volte più del trasporto aereo commerciale per passeggero). Per confronto, la media annua di emissioni di un cittadino europeo è di circa 8 tonnellate di CO₂;
Esempio pratico: Un volo di 4 ore su un jet privato può produrre 8 tonnellate di CO₂, l’equivalente delle emissioni annue di una persona media in Europa (per dire, un viaggio di andata e ritorno tra New York e Londra su un jet privato produce circa 22 tonnellate di CO₂, quasi tre volte le emissioni annuali pro capite globali che sono circa 7 tonnellate);
Dati globali: Nel 2022 i jet privati hanno emesso circa 37 milioni di tonnellate di CO₂ a livello mondiale, con una crescita del 30% rispetto a dieci anni fa;
Distribuzione d’uso: L’1% più ricco della popolazione mondiale utilizza jet privati in modo sproporzionato, contribuendo in modo massiccio a queste emissioni;
Proprietà e utilizzo: Nel 2022 il 50% dei voli su jet privati in Europa ha percorso meno di 500 km, una distanza facilmente percorribile in treno, che emette fino a 50 volte meno CO₂.
Al tempo stesso anche i super-yacht sono tra i peggiori inquinatori, per esempio una barca di 70 metri può emettere fino a 7.000 tonnellate di CO₂ all‘anno, equivalente alle emissioni annuali di circa 1.500 auto: soltanto l’uso annuale dei super-yacht dei miliardari rappresenta un terzo delle emissioni globali del settore marittimo privato.
Ma le stesse mega-ville che sono bruciate consumano enormi quantità di energia tra riscaldamento, raffreddamento, piscina, illuminazione e manutenzione, in proporzione alla loro grandezza e “complessità”: una casa di lusso può consumare decine di volte l’energia di un’abitazione media, emettendo oltre 50 tonnellate di CO₂ all’anno contro le 5-10 tonnellate di una casa media.
Più in generale, non dobbiamo dimenticare la produzione e il trasporto di beni di lusso come gioielli, automobili e opere d’arte, che contribuisce a un’ulteriore danno ecologico (per esempio una Lamborghini Aventador emette oltre 450 g/km di CO₂ rispetto ai 120-150 g/km di un’auto media): in sintesi, anche alimentare un certo shopping causa disastri ambientali.
Infine, seppur siano meno sotto i nostri occhi, ci sono gli investimenti in industrie inquinanti: molte persone miliardarie hanno partecipazioni significative in settori come combustibili fossili, cemento e aviazione, e proprio questo tipo di investimenti promuove attività ad alta intensità di emissioni, rallentando di fatto la transizione verso un’economia verde e circolare.
Insomma, l’1% più ricco della popolazione è responsabile di circa il 15% delle emissioni globali di CO₂, sia direttamente (uso di beni e servizi) che indirettamente (investimenti in settori inquinanti), contribuendo in maniera massiccia all’emergenza climatica che sta provocando disastri come quello di questi giorni: mentre una persona media cerca di ridurre le proprie emissioni compiendo sforzi di certo non semplici e privi di rinunce, il consumo eccessivo e non regolamentato dell'élite più ricca annulla moltissimi dei passi avanti compiuti in tal senso.
Sia chiaro, nessuna e nessuno, tantomeno io, prova piacere (o almeno spero) nel veder soffrire le persone, anche se proprietari di “imperi non proprio innocui” come la maggior parte di ciò che è stato distrutto in California, ma ora più che mai serve una presa di coscienza globale e collettiva, che impegni le tasche di chiunque attraverso delle politiche mirate, tassando i beni di lusso e le elevate emissioni, magari regolamentando finalmente l’aviazione privata.
Mi sarà concesso chiudere con un certo benaltrismo: Gaza brucia, i palazzi bruciano, le persone bruciano vive, bambine e bambini compresi. Nel frattempo il privilegio, ancora, è distratto altrove, stavolta causa del proprio male.
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