Così è deciso: dovremo pagare per poter camminare!
Storia di come, ancora una volta, le Istituzioni abbiano colpito le persone con disabilità.
Così è deciso, e non da adesso ma dall’inizio di quest’anno: le ASL non copriranno più le spese di riparazione o di sostituzione delle carrozzine a motore per le persone con disabilità.
Dal 30 dicembre 2024, infatti, con il “Decreto Tariffe” e il nuovo “Nomenclatore tariffario nazionale” (allegato 5 al DPCM 12/2017) sono spariti quei codici che permettevano di veder risolto qualsiasi problema riguardante le carrozzine elettroniche, permettendone gratuitamente la riparazione, o sostituzione, in particolare di batterie, joystick, motori e ruote (alcuni di questi componenti raggiungono costi elevati, per esempio 680€ per una batteria e 80€ per una ruota - Fonte). Stiamo parlando della cancellazione di un diritto stabilito dal Decreto del 1999, Nomenclatore 1.24.24.603, il quale prevedeva che tutte le riparazioni fossero a carico dell’ASL, salvo garanzie attive del produttore.
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L’unica alternativa possibile adesso resta quindi quella di “frugarsi”, come si dice qui in Toscana, ovvero di metter mano al portafoglio e pagare di tasca propria, o meglio: da adesso le Regioni possono decidere autonomamente se coprire o meno questi costi, ma per esempio il Veneto ha gia stabilito che l’Asl non coprirà più la sostituzione della batteria, lasciando l’onere alle e agli utenti. Insomma, c’è addirittura da sperare “nel buon cuore” di chi amministra… Il che fa amaramente sorridere, finché non ci rendiamo conto della grave disomogeneità territoriale che si andrà presto a creare.
Per capirci meglio: immaginate che domani il Governo italiano si svegli con la luna storta (o magari, dal loro punto di vista, girata nel verso giusto…) e che decida di farvi pagare non solo le scarpe, ma che dico le scarpe, il fatto di avere dei piedi attaccati alle gambe, ma anche ogni passo che fate fuori casa vostra. Il risultato sarebbe che, molto probabilmente, le persone che non possono permettersi la spesa di camminare se ne staranno chiuse in casa, prigioniere sul divano e a letto, mentre chi può pagare potrà continuare ad andare in giro: inaccettabile in un Paese che si dice democratico, venendo meno non solo il diritto alla mobilità ma anche all’istruzione, al lavoro, alla socializzazione più basilare e perfino alle cure se poi in ospedale non possiamo recarci (certo, si possono sempre chiamare il 118 o qualche associazione di volontariato per chiedere un aiuto sul trasporto, ma resta assurdo doverlo fare per problemi minori, occupando di fatto “inutilmente” un servizio, quando può essere rispettata la dignità della persona lasciandola libera di muoversi).
In tutto ciò, la comunicazione da parte delle Istituzioni resta fumosa (non è un caso che, mediaticamente, la polemica sia scoppiata, per così dire, soltanto adesso, ovvero dopo sei mesi dalla decisione in merito), le persone con disabilità non sanno di questa drammatica novità o, quando informate, non sanno a chi rivolgersi per avere indicazioni e tutele al riguardo.
Anche stavolta, da lavoratore che ogni anno si vede — giustamente, sia chiaro! — togliere una cospicua parte dei guadagni sotto forma di tasse, mi chiedo dove siano tutti i servizi e i supporti che, appunto in quanto persona con disabilità, mi spetterebbero per garantirmi una vita attiva, indipendente e autodeterminata, se poi anche poter uscire di casa rischia di diventare un lusso per circa il 20% della popolazione italiana. E stiamo parlando di uno Stato di diritto basato su una sanità pubblica e democratica.
Anche se non serve, ci rifletterò in attesa della risposta formale del Governo alle interrogazioni parlamentari rivolte soprattutto a Giorgetti e Schillaci, anche se per ora tutto tace. Che strano…
Sempre più in basso 🤬🤬🤬
Una delle tante mostruosità di questo decreto...